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17 maggio 2015
UNA GIORNATA
PER IL NEPAL
con Peace
Walking Man Jhon Mpaliza
Il
terremoto del Nepal del 25 aprile 2015 è stato un violento
evento
sismico di magnitudo locale 7,8 con epicentro a circa
34 km a
est-sud-est di Lamjung, che ha causato migliaia di morti e
gravissimi
danni in Nepal
La prima scossa, di magnitudo 7,8 con ipocentro a circa
15 km di
profondità, si è registrata alle ore 6:11 (8:11 ora
italiana).
Una seconda scossa, di magnitudo 6,6 con ipocentro a circa
10 km
di profondità, è stata registrata alle ore 6:45 (8:45 ora
italiana).
Una grande scossa di assestamento di magnitudo 6,7 è
avvenuta il 26
aprile 2015 nella stessa regione alle 7:09 (9:09 ora
italiana), con
epicentro a circa 17 km a sud di Kodari (Nepal).
Una nuova forte scossa - di magnitudo 7,3 - lunga più di
un minuto, ha
colpito il 12 maggio 2015 la stessa area già devastata dal
terremoto
del 25 aprile. In questo caso l'epicentro era a circa
18 km a
sud-est della città di Kodari, con ipocentro a circa 15 km
di
profondità. Secondo il Centro Sismologico Mediterraneo
europeo, sempre
il 12 maggio nel giro di due ore, si sono registrate altre
numerose
repliche intorno ai 5 gradi, le più forti delle quali di
6,2, 5,6 e 5,5
di magnitudo. Le nuove scosse hanno causato ulteriori
gravi danni e
decine di vittime.
Gli edifici di Piazza Durbar a Katmandu, iscritti nel
Patrimonio
Mondiale UNESCO, sono andati distrutti: fra questi la
torre Dharahara
costruita nel 1832, che nel crollo ha ucciso almeno 180
persone e il
tempio di Manakamana situato nel distretto di Gorkha.
Danneggiato anche
il tempio induista di Janaki Mandir a Janakpur.
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Piazza
Durbar dopo il sisma
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I
resti della torre Dharahara e come era prima del
terremoto
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Questa immane tragedia ha commosso il mondo e ha
immediatamente messo in moto molti atti di solidarietà.
Il Trentino si è prontamente mobilitato. La Provincia ha
stanziato
50mila euro. Con l’Accordo di solidarietà, si è avviata
una campagna di
raccolta fondi in accordo con associazioni
imprenditoriali, sindacali,
associazioni di volontariato internazionale e comuni
trentini ed è
stato istituito un conto corrente con IBAN IT 12 S 02008
01820
000003774828 presso UniCredit con causale "Fondo Nepal”.
Anche l’Associazione Floria insieme con il Gruppo Autonomo
Volontari di
Rovereto si è subito data da fare per organizzare un
evento per la
raccolta di fondi da destinare al Nepal attraverso
l’Accordo di
solidarietà istituito dalla Provincia.
L’evento ha avuto la fortuna di avere un ospite
d’eccezione, John
Mpaliza, congolese di nascita, ingegnere e cittadino
italiano da ben 24
anni. John da alcuni anni sta marciando per tutta Europa
per divulgare
le tematiche che nel Congo devastano il Paese con lo
sfruttamento
minorile, bambini soldato, violenze sulle donne, e guerra
da oltre 20
anni causata dalla sua ricchezza. Il Congo è infatti un
Paese “ricco da
morire”!
John, in questo drammatico momento, ha scelto di dedicare
la sua
impresa proprio al Nepal con la “Marcia Reggio
Emilia-Helsinki per il
Nepal”.
Quindi, con il patrocinio morale della Provincia di
Trento, della
Comunità della Vallagarina e dei Comuni di Rovereto,
Villalagarina e
Nogaredo, avuta la disponibilità di Jhon Mpaliza, è stato
organizzato
l’evento “PEACE WALKING MAN JHON MPALIZA PER IL NEPAL” per
il giorno
domenica 17 maggio 2015, presso il campo sportivo di
Nogaredo.
L’iniziativa è stata possibile grazie alla generosa
disponibilità della
Pro Loco di Nogaredo, che ha messo a disposizione tutta la
sua
attrezzatura e i suoi volontari per la buona riuscita
della giornata.
Questa la locandina predisposta:
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Come si vede
dalla
locandina, la manifestazione pro Nepal prevedeva
un pranzo povero,
costituito da una pastasciutta con acqua
minerale (al costo/offerta di
€ 10,00), alla quale, a richiesta, poteva essere
aggiunta una fetta di
dolce o della frutta (al costo/offerta di €
1,00).
I dolci e la frutta, sono stati interamente
offerti gratuitamente da volontari partecipanti
alla manifestazione.
Nonostante la bella giornata, che invitava a
lasciare la città per una
gita all’aria aperta, all’evento hanno
partecipato oltre cento persone,
e complessivamente è stato raccolto l’importo di
€ 2.107,70. Anche i
Volontari della Pro Loco di Nogaredo hanno
contribuito alla raccolta,
devolvendo l’intero importo raccolto per le
consumazioni della giornata.
I contributi raccolti sono stati interamente
bonificati, parte dal GAV
(€ 1.107,70) e parte dalla Associazione Floria
(€ 1.000,00), al Fondo
Nepal istituito dalla Provincia.
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Nel pomeriggio Jhon Mpaliza ha presentato le motivazioni
della sua
marcia per la pace e della dedica della stessa al Nepal,
dopo i tragici
eventi del terremoto e ha intrattenuto i presenti con
una simpatica
esecuzione di canzoni, accompagnate dalla sua chitarra,
che il pubblico
ha particolarmente gradito.
Anche i bambini hanno potuto partecipare ai giochi
all’aperto,
organizzati dagli animatori volontari che hanno
arricchito l’evento con
la loro disponibilità.
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Riportiamo in allegato l’intervista rilasciata da Jhon
Mpaliza, con la
quale lo stesso ha spiegato le motivazioni che lo hanno
indotto ad
abbandonare tutto e a marciare per le vie del mondo per
sensibilizzare
l’opinione pubblica sui gravi problemi esistenti in
Congo a causa dello
sfruttamento senza controllo delle sue risorse e dello
stato di guerra
senza fine che ha praticamente distrutto il suo paese.
“Quando
gli elefanti combattono, chi ne fa le spese è
l’erba”
Nogaredo,
17 maggio 2015
Iniziamo
l’intervista con il nostro ospite Jhon,
peacewalker, che ci racconta la sua storia.
Nel 2009 sono tornato in
Congo, da dove sono partito nel 1991 per questioni
politiche, ma ho
trovato un paese completamente distrutto: non ci sono
più scuole, non
ci sono più infrastrutture, non ci sono più ospedali e
quei pochi
rimasti sono solo per la poca gente che se lo può
permettere. Ho perso
mio padre e molti dei miei parenti sono dispersi, come
mia sorelle e
alcune cugine. La guerra ha causato milioni di vittime
e molte donne
sono state usate come armi di guerra. Tornato in
Italia, non potevo
rimanere in silenzio, sarebbe stato come essere
colpevole o assassino.
Dovevo trovare un modo. L’unico modo che ho trovato è
stato di mettere
a disposizione il mio corpo: “camminare” poteva essere
quello giusto.
Nel 2010 ho percorso il Cammino di Santiago.
Nel 2011, Reggio Emilia - Roma. Reggio Emilia è la
città dove vivo da
18 anni e dove lavoravo, fino allo scorso anno quando
mi sono
licenziato per perseguire il mio obiettivo. Quindi,
Reggio Emilia -
Roma, fino al Parlamento italiano dove sono stato
ricevuto da deputati
e senatori, ma mi sono fatto subito capire che ormai
non hanno più la
politica estera in mano.
Per questo il 2012 è stata la volta della marcia
Reggio Emilia -
Bruxelles, dove sono stato ricevuto dal Parlamento
Europeo e ho chiesto
per la tracciabilità dei minerali, questione molto
importante. Infatti
la guerra che c’è in Congo è una guerra economica, non
tribale, non
etnica, ma economica, programmata dalle multinazionali
che finanziano i
guerriglieri e l’unico modo che hanno di farlo è
rubando i minerali. È
notizia di poco fa che proprio in questi giorni il
Parlamento Europeo
sta discutendo la legge per la tracciabilità dei
minerali (sarà votata
il 18 e 19 maggio 2015), obbligando così le
multinazionali a dimostrare
l’origine dei minerali impiegati nella produzione
della tecnologia di
ultima generazione, soprattutto di telefonini.
Nel 2013 volevo tornare in Congo, ma non ero più
persona “gradita” e
avrebbero potuto anche arrestarmi perché sono venuti a
conoscenza delle
mie attività di denuncia delle condizioni del mio
Paese sia nei
confronti delle multinazionali che del governo locale.
Ho comunque continuato con tante marce, ad esempio la
Reggio Emilia - Padova, dove ho incontrato spesso
tante scuole.
Nel 2014 è la volta di una marcia molto importante: il
cammino Reggio
Emilia - Reggio Calabria: una sorta di zig-zag in
tutta Italia che mi
ha portato ad incontrare tante realtà, tante scuole,
tanti giovani.
Loro saranno il nostro futuro, ma molto spesso non
sono informati su
tutto ciò che succede nel mondo.
Quest’anno invece la mia meta sarà Helsinki. Sono
partito il 3 maggio.
Questo cammino, oltre al desiderio di portare agli
occhi di tutti le
problematiche del Congo, è dedicato anche al Nepal, a
seguito del
terremoto che lo ha colpito lo scorso 25 aprile.
Infatti tutte le
marce, oltre a parlare delle problematiche legate al
Congo, le ho
dedicate ad un popolo dimenticato o che in quel
momento sta vivendo una
situazione difficile. Nepal è un paese povero, ancora
prima del
terremoto, ed ora il sisma ha distrutto anche quel
poco di
infrastrutture che c’erano.
Tra
le persone che hai incontrato, secondo te, c’è
cognizione del problema “coltan” in Congo?
In realtà no, perché
fino a
cinque anni fa il problema “coltan” era sconosciuto.
Quando dico che
chiunque abbia in tasca un telefonino è come se avesse
in tasca un
pezzetto di Congo, tutti mi chiedono: “Com’è
possibile!?”. il coltan è
un minerale che serve per rendere i telefonini
piccoli, per
miniaturizzarli e fare micro-condensatori. È presente
in tutta la
tecnologia di oggi e l’80% del coltan proviene dal
Congo. In questi
cinque anni in giro per l’Europa ho visto che pian
piano i giovani
iniziano a parlarne, mi scrivono, si documentano e
fanno addirittura
tesine. Qui a Rovereto ho visto dei ragazzi che stanno
facendo delle
ricerche su questo tema sulla nostra responsabilità in
merito, oltre al
fatto che molti ragazzi stanno iniziando dei progetti
di riciclo dei
telefonini.
Infatti se ricicliamo i telefonini evitiamo di far
uccidere persone di
altre parti del mondo. Si scrive che il coltan è
radioattivo e quindi i
bambini che sono impiegati nell’estrazione del coltan
nelle miniere del
Congo stanno morendo di cancro. I bambini di qui,
invece, devono essere
sensibilizzati su queste tematiche perché sono loro
che giocano con le
consolle, con i telefonini, le playstation, ecc.… I
nostri ragazzi
stanno soffrendo di dipendenza da tecnologia. Se
prendiamo un telefono
in mano è un telefono insanguinato perché usa coltan
illegale che crea
morte dall’altra parte del mondo e non solo in Congo,
ma anche in Asia,
dove il coltan viene trasferito per la lavorazione, ma
dove non ci sono
regole e diritti per i lavoratori. Infine, una volta
che il telefono
non serve più qui, viene rimandato in Africa come
rifiuto speciale! È
una catena di sfruttamento sotto vari aspetti.
Fa strano vedere bambini di 11 anni con telefonini da
800 euro, quando
i genitori guadagnano solo 400 o 500 euro al mese per
forme
contrattuali particolari quali part-time o precariato
ecc. e richiedono
prestiti per poterlo comprare ai figli. Questa è una
questione di
mentalità, di cultura ed è per questo che vado anche
nelle scuole a
parlarne.
In realtà la tecnologia è anche positiva, a seconda
degli usi. Ad
esempio quella usata negli ospedali. Il problema è il
come viene
prodotta. La tecnologia oggi deve essere etica e
sostenibile.
Stanno
iniziando pian piano alcune forme etiche di
produzione della tecnologia…
Si si, piano piano si,
bisogna parlarne. Ad esempio, in Olanda esiste un
telefono etico
prodotto da una giovanissima compagnia formata da 40
ingegneri di tutto
il mondo. Si chiama Fairphone e stanno preparando la
seconda edizione.
Non lo si trova nei negozi perché viene prodotto
secondo quanto
richiesto da chi lo vuole comprare. Usano sempre il
coltan, ma è un
coltan più o meno tracciabile, perché raccolto in una
zona dove non c’è
guerra in Congo. Inoltre, viene posta la condizione
che in quelle
miniere non devono lavorare donne, bambini e devono
essere
conflict-free, ossia non possono entrare militari,
armi ecc. ed è
proprio quello che viene chiesto con la tracciabilità
dei minerali.
Questa campagna sta ponendo la prima pietra per una
tecnologia etica
del domani! Devono essere sostenuti ed è importante
diffondere questa
notizia perché quando si è a conoscenza poi si può
decidere cosa fare.
Molto spesso nei paesi che ho attraversato, quando
dicevo “coltan”, mi
chiedevano “Cos’è?”, oppure, se dicevo Congo me
chiedevano “Dov’è?”.
Ora, dopo cinque anni di marce, noto la differenza di
approccio tra la
gente. qualcuno mi scrive e mi chiede come sta andando
la questione, ma
si è ancora lontani dalla meta.
In realtà, io parlo di pace e di Congo, ma la pace non
è solo quella
del Congo. Un domani potrebbe finire la guerra in
Congo, ma scoppiare
da un’altra parte. Anche qui in Italia non c’è più la
pace a causa
della crisi. Una ragazzina di Padova mi ha detto:
“Anche noi siamo in
guerra, perché mio padre ha perso il lavoro e a casa
non viviamo più”.
Qui c’è una crisi economica che è come una guerra. Un
detto dice
“Quando gli elefanti combattono, chi ne fa le spese è
l’erba”: Le
banche e le grandi potenze mondiali si stanno facendo
la guerra, ma poi
le conseguenze ricadono su noi poveri.
Le
aspettative per questo viaggio?
Nei miei cammini
incontro
sempre talmente tanta gente che il risultato va sempre
oltre le mie
aspettative. Spero sempre di incontrare tanta gente e
tanti giovani, ma
di trovare anche tanti incontri organizzati come
quello di oggi. Le
aspettative principali sono arrivare alla meta e far
arrivare questo
messaggio a più persone possibile!
In
bocca al lupo, allora!
Viva il lupo!
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